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Parco Lea Garofalo

Il Parco si trova tra la Casa Comunale l’Istituto Comprensivo A. Gramsci e via Lago di Como, a Mulazzano. 

 

Lea GarofaloIl progetto di intitolazione

Nel corso dell’anno scolastico 2022/2023, l’Amministrazione Comunale propone all’Istituto Comprensivo Gramsci, all’interno del piano di diritto allo studio, un progetto di educazione alla cittadinanza, all’interno di un percorso di toponomastica femminile, in collaborazione anche con l’Associazione Libera, con l’obiettivo di individuare una figura alla quale intitolare il parco. I ragazzi e le ragazze delle classi III della scuola secondaria di primo grado approfondiscono l’argomento, guidati dai loro insegnanti. Il 21 marzo 2023 una loro rappresentanza partecipa alla Giornata Nazionale in ricordo delle vittime di tutte le mafie.

Il 27 maggio 2023, in occasione della celebrazione della Giornata della Legalità, viene intitolato il parco comunale a Lea Garofalo.

La storia di Lea Garofalo

Lea Garofalo nasce a Petilia Policastro, in provincia di Crotone, il 24 aprile 1974. Ad appena nove mesi rimane orfana del padre; saranno il fratello di Lea, Floriano, e lo zio a portare avanti la vendetta che si conclude con l’omicidio dei fratelli Mirabelli.

Lea cresce in una famiglia ‘ndranghetista. Si innamora appena tredicenne di Carlo Cosco, più grande di lei di quattro anni, e quando ne ha la possibilità decide di seguirlo a Milano. L’ambiente che trova non è molto diverso da quello che si è lasciata alle spalle, poiché Carlo gestisce insieme ai fratelli e per conto della famiglia Garofalo il traffico di droga della zona di via Paolo Sarpi. 

A diciassette anni Lea diventa madre; il 4 dicembre 1991 nasce a Milano la figlia Denise.

Carlo Cosco viene arrestato nel 1996, nel corso dell’operazione “Crimine-Infinito”. Si tratta di una maxioperazione contro la 'ndrangheta calabrese e le collegate cosche milanesi, portata a termine dalle Direzioni Distrettuali Antimafia (DDA) dei tribunali di Reggio Calabria e Milano a partire dal 2003.

Lea decide di testimoniare sulle faide interne tra la sua famiglia e quella del suo ex compagno Carlo Cosco e per questo viene sottoposta a protezione dal 2002. Interrogata dal Pubblico Ministero Antimafia Salvatore Dolce, riferisce dell’attività di spaccio di stupefacenti condotta dai fratelli Cosco, grazie al benestare del boss Tommaso Ceraudo. Inoltre, Lea attribuisce la colpa dell’omicidio del fratello Floriano Garofalo, avvenuta nel giugno 2005, al cognato Giuseppe e all’ex compagno Carlo Cosco.

Nel 2006 viene estromessa dal programma di protezione perché l’apporto dato non era stato significativo in quanto ritenuta collaboratrice non attendibile. Con il supporto dell’avvocata Enza Rando, incontrata per mezzo di Don Luigi Ciotti dell’Associazione Libera, Lea si rivolge prima al TAR e poi al Consiglio di Stato: nel dicembre del 2007 viene riammessa al programma di protezione per uscirne nell’aprile del 2009, quando decide di rinunciare a ogni tutela e di ritornare a Petilia Policastro.

È un periodo particolarmente difficile per Lea. Rimasta senza disponibilità economiche, decide di tornare in Calabria, non prima però di aver contattato la sorella per chiederle che sia garantita sicurezza da parte di Carlo Cosco sia per lei sia per Denise. 

Carlo Cosco acconsente e mette a disposizione delle due donne un appartamento a Campobasso, dove il 5 maggio 2009 avviene un tentativo di rapimento. Lea si insospettisce dell’uomo che si presenta alla porta sotto mentite spoglie e, grazie alla presenza in casa della figlia Denise, si salva. Dalle intercettazioni ambientali in carcere, si scoprirà che si trattava di Massimo Sabotino, al quale erano stati promessi venticinquemila euro per rapire e uccidere Lea, e che, al momento dell’aggressione, in strada era già pronto un furgone con i fusti di acido per disfarsi del corpo.

Dopo qualche mese, Lea decide di contattare Carlo Cosco per chiedergli di contribuire al mantenimento della figlia. Lui le propone di incontrarsi a Milano per discuterne. L’avvocata Enza Rando sconsiglia a Lea di affrontare questo incontro, ma lei decide che non può fare altro che fidarsi. 

La sera del 24 novembre 2009, Carlo Cosco incontra Lea senza la presenza della figlia in un appartamento in Corso Sempione, dove la picchia e infine la uccide strangolandola. In strada lo aspettano Vito Cosco e Carmine Venturino che hanno il compito di occuparsi del corpo di Lea. 

Carlo Cosco poi torna a prendere la figlia Denise e quando lei gli chiede dove sia la madre le risponde che gli ha chiesto dei soldi e se n’è andata, abbandonandola. Denise non crede alle parole del padre e decide di andare dai Carabinieri che, a fronte dei precedenti del padre e della disperazione della figlia, danno immediata apertura alle indagini. 

Le indagini proseguono e, nel 2010, Carlo Cosco e i suoi fratelli vengono arrestati; il 6 luglio del 2011 inizia il processo, ma la scadenza dei termini della custodia cautelare prevista per il 28 luglio 2012 impone tempi ristretti. Alcuni ragazzi, ma soprattutto ragazze, dell’associazione Libera – associazioni, nomi e numeri contro le mafie – venuti a conoscenza del processo in cui una loro coetanea dovrà testimoniare contro la sua famiglia, decidono di partecipare alle udienze per sostenere Denise che altrimenti rimarrebbe sola. Inoltre, grazie a un manifesto affisso fuori dal tribunale, riescono ad attirare l’attenzione del Presidente del Tribunale, Livia Pomodoro, sulla data di scarcerazione: il cambio del Presidente della Corte significherebbe ricominciare il processo. Milano ha poi riconosciuto l’impegno dei ragazzi del presidio e di Libera con l’assegnazione dell’Ambrogino d’Oro il 7 dicembre 2012.

Anche grazie a queste azioni il processo si conclude con la condanna di sei imputati: Cosco Carlo, Cosco Giuseppe, Cosco Vito, Curcio Rosario, Sabatino Massimo, Carmine Venturino vengono condannati all’ergastolo nella sentenza di primo grado. La svolta arriva nell’estate del 2012, quando Carmine Venturino confessa ai magistrati la verità sull’omicidio di Lea. Il 9 aprile 2013 si apre il secondo grado di giudizio, durante il quale Carlo Cosco ammette l’omicidio di Lea, attribuendosi la colpa per salvare i suoi complici e per dimostrare il proprio “onore”. Ma l’avvenimento più sconvolgente è ciò che rivela Carmine Venturino durante la sua deposizione, in cui decide di far sapere a Denise come sono realmente avvenuti i fatti. Venturino racconta come era ridotto il corpo di Lea nell’appartamento di Corso Sempione, come abbiano trasportato il corpo fino al terreno di San Fruttuoso, come abbiano distrutto il cadavere, di cui sono rimasti pochi resti. Il processo si conclude con l’ergastolo per quattro degli imputati e venticinque anni di carcere per Carmine Venturino. Da allora Denise vive sotto protezione e nel più completo anonimato.

I resti del corpo di Lea vengono ritrovati nel novembre 2012, sepolti a San Fruttuoso, un quartiere di Monza.

Oggi Lea Garofalo è entrata a far parte della storia di Milano. Il 19 ottobre 2013 in Piazza Beccaria si sono svolti i funerali civili e pubblici con la partecipazione di centinaia di persone e, da una località protetta, della figlia Denise. Lea oggi riposa al cimitero Monumentale di Milano.